Riti di fine anno

Riti di fine anno

Nella versione brasiliana del libro “Navigazione di cabotaggio” (cioè “Navegação de cabotagem” Record Editore), Jorge Amado scriveva: “Na Itália Patrizia Giancotti festeja a cada 31 de dezembro sua Yemanjá vinda da Bahia num saveiro.” Cioè: in Italia Patrizia Giancotti, ogni 31 dicembre, festeggia la sua Yemanjá che arriva da Bahia su un saveiro, la barca a vela dei pescatori. Nella versione italiana invece no, qualche traduttore deve aver pensato “ma chi cavolo è questa?” e tagliò quella pagina, insieme a un centinaio di altre. Il libro uscì in Brasile nel 1993, me lo portò trionfante la mia amica Maria Andrèa Bernardi: pagina 405. Che sorpresa dell’amico Jorge! Che onore! Già dagli anni 80, come avevo imparato a Bahia, portavo fiori a Yemanjá, per chiudere l’anno e aprirne uno nuovo, ma dal libro in poi non avrei più potuto mancare all’appuntamento: che diamine, lo ha scritto Jorge Amado! Una volta con allarme meteo a Roma, io e la mia amica di Sirene Meri Lao, brandendo ombrelli capovolti lanciammo le nostre rose bianche tra i flutti del Tevere da Ponte Testaccio, un’altra volta, con figlie e nipote al seguito, ci allungammo all’acqua da Ponte Rotto, o dalla chiglia dell’Isola Tiberina. Se no era Fregene, battuta dai venti. Ora è lo Ionio calabrese a farsi Yamanjá, “Madre i cui figli sono pesci”, dea del mare secondo la mitologia afro-brasiliana, Sirena. Una celebrazione, un ringraziamento. Un rito. Cioè un atto formalizzato, collettivo o individuale, che esprime una dimensione simbolica, con la sua configurazione spazio-temporale specifica, i suoi gesti, il suo linguaggio condiviso, gli si riconosce una efficacia sociale o spirituale, insieme a quella di ordinare il disordine, di dare senso all’incomprensibile. Il rito attiene a una concezione sovra-religiosa del sacro e può riguardare tutta la nostra vita: anche vestirsi, lavarsi, salutarsi, mangiare, camminare, accoppiarsi, danzare, può essere vissuto come celebrazione rituale. La pratica rituale, nel suo aspetto collettivo duramente indebolita dalla pandemia, può riempire ogni istante di senso, di bellezza, di musica, può rinsaldare il legami con gli altri. Perché i riti sono consuetudini che permettono alle persone di diventare affini, soci, societas. Senza riti comuni, eccoci massa e non insieme di sodali, società. Secondo Emile Durkheim, tra i padri fondatori della sociologia moderna, i riti servono a rinsaldare e conservare sentimenti collettivi; secondo Mary Douglas, che analizzò in “Purezza e pericolo” la mania del pulito delle casalinghe americane, il rito non può essere confinato all’aspetto religioso, perché “aiuta a dare intensità all’esperienza”. Credo ce ne sia bisogno.

Vieni avanti duemilaeventidue! Ti celebro e saluto Odo Yà Yemanjá

Auguri

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