
Nel 1960 l’etnomusicologo Diego Carpitella filmò la cura domiciliare della tarantata Maria di Nardò. Si trattava di una vera e propria terapia musicale effettuata con un organico di tammorra, violino, organetto e chitarra, che per questo venne definita “meloterapia del tarantismo”. Grazie a questo pionieristico filmato, alle fotografie di Franco PInna e agli studi del gruppo di ricercatori coordinato da Ernesto De Martino, poi confluiti nel volume “Nella terra del rimorso”, iniziarono i tentativi di comprendere un fenomeno antropologico di grande complessità che collega la cultura contadina mediterranea ad arcaici culti misterici. Alla luce della impressionante partecipazione alla kermesse musicale che porta questo nome, sarebbe utile tutelare il senso di queste origini, facendone arrivare almeno l’eco, se non la funzione profonda. La musica aveva infatti la funzione di “stanare la taranta”, cioè il disturbo sotterraneo della donna attribuito al morso dl ragno, il suo malessere, e i musicisti sapienti, come il violinista-barbiere Stifani (qui, nella foto di Pinna), erano in grado di trovare la musica “giusta”, una per ogni taranta, poi somministrata con posologia precisa fino a guarigione avvenuta. Una tecnica di guarigione, di autoguarigione anche, che attraverso uno stato di sconfinamento psico-fisico, riportava ordine nella personalità sofferente. Quasi sempre donna, che trovava così una via di espressione per il proprio disagio, una maniera di richiamare la cura della comunità su di sé, ma allo stesso tempo si faceva tramite di una sapienza antica del corpo, in grado di sublimare l’energia sessuale. Un corpo “che suona” ed “è suonato, capace di curare l’anima attraverso la danza.
Un ascolto utile sul tarantismo https://www.raiplaysound.it/…/Il-tarantismo-di-Diego…
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La Fotografia è di Franco Pinna https://www.raiplaysound.it/…/Il-tarantismo-di-Diego…