Rio De Janeiro, all’arrivo di Lula neoeletto, un metalmeccanico presidente, la folla acclamante, Mimmo è vicino a me mentre cerco di catturare il momento, mentre asciugo le lacrime dall’obbiettivo. Mimmo che riceve il progetto dell’Auditorium di Ravello dalle mani dell’architetto del secolo Oscar Niemeyer, “ti faccio un regalo” mi aveva detto e mi aveva portato a pranzo nel suo studio a Copacabana. Mimmo che sdogana l’ozio flâneur con l’aggettivo “creativo” di fronte a una immensa platea di brasiliani che lo acclama come una rockstar al Festival della letteratura di Paraty, Mimmo re dell’audience TV nella più seguita trasmissione del Brasile, Mimmo che si concede generosamente alle domande dei miei studenti dell’Accademia di Reggio ridotti a centinaia di icone nella DAD, Mimmo-Virgilio a Ravello, complice per disquisire sul film Orfeo negro, dispensatore di consigli per mia figlia ventenne, Mimmo e quel presidente Lula, che lo abbraccia pochi mesi fa e che ora lo ringrazia commosso come l’amico caro che lo visitò in carcere e che non ebbe paura di schierarsi nei momenti difficili, Mimmo del pensiero illuminante, dell’home working vent’anni prima e dell’inalienabile diritto alla felicità, quello che ha sempre perseguito insieme all’amata Susi, un sorriso in comune per un sodalizio inossidabile, felicità per tutti, perché “non c’è progresso senza felicità e non si può essere felici in un mondo segnato dalla distribuzione iniqua della ricchezza, del lavoro, del potere, del sapere, delle opportunità e delle tutele.” Mimmo che oggi al Tempio di Adriano ha radunato ancora una volta centinaia di persone, Mimmo che promuove e incentiva, che ascolta Radio 3, e partecipa come al racconto del samba, metafora di un paese che Mimmo definisce “il più grande esportatore di allegria del mondo”. Allegria, sorella minore della felicità, appunto, che lui e Susi indicano come meta comune e che laggiù, all’orizzonte di un mare venerato e azzurro, è sempre in agguato per tutti.
