Cesaria Evora

Cesaria Evora

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La regina scalza della morna di Capo Verde, che anche tra gli stucchi dorati dell’Eliseo, quando le fu conferita la Legione d’Onore, si presentò a piedi nudi, e spiegò: lo faccio per fedeltà alle mie origini, per sottolineare il mio sostegno, la mia vicinanza alle popolazioni povere del mondo.

Ma cos’è dunque la morna? Così come il tango o il samba, è musica, è danza, è un’attitudine, uno stato d’animo, un sentimento, un “recanto”, un angolo della geografia interiore, ma anche una lingua, il creolo capoverdiano, un portoghese per certi versi arcaico, con influenze africane, di tradizione orale, scritto poi come si pronuncia, caratterizzato da erosione fonetica, cioè si mangiano certe finali. Morna in portoghese significa tiepida: è tiepido qualcosa di piacevole, di accogliente, qualcosa di tranquillo che non esprime agitazione, ma anche qualcosa che non riesce ad essere caldo, che resta incompleto, a cui manca qualcosa, e per questo esprime malinconia, nostalgia, perché porta con sé il seme sempre pronto a germogliare della sodade. Sodade nel portoghese delle Isole di Capo Verde, saudade in portoghese europeo, saudade in portoghese brasiliano, parola lusitana, prima galiziana, portoghese e poi brasiliana. Per la Treccani saudade è “sentimento di nostalgico rimpianto, di malinconia e solitudine, accompagnato da un intenso desiderio di qualcosa di assente.” Già presente nella lirica medievale e nella poesia portoghese e brasiliana dell’Ottocento; nei primi del Novecento viene definito come atteggiamento tipico del carattere nazionale, nell’ambito del movimento di rinascita della cultura portoghese che si disse appunto saudosismo.

Curiosamente il portoghese navigatore che lasciava la patria provava lo stesso sentimento dell’Africano fatto schiavo che aveva saudade fondamentalmente della sua libertà. Una parola per lo più intraducibile, presenza in assenza, disse qualcuno, struggimento che deriva da un ricordo felice, e che può verificarsi anche per qualcosa che non si conosce o che non si è ancora verificato, sentimento che i brasiliani esprimono con il paradosso “saudade do futuro”, aspirazione malinconica a un cambiamento che dovrebbe arrivare e non arriva mai. Ricordo del passato e speranza verso il futuro scriveva Antonio Tabucchi per il quale la traduzione più appropriata sarebbe il disìo di Dante così come compare nel canto VIII del Purgatorio: “Era già l’ora che volge il desio ai naviganti e ‘ntenerisce l’core”. E qui ci avviciniamo a Cesaria Evora, alla morna, al viaggio per mare, all’andar via, all’etimologia latina solitùdo, solitudinis, solitudine, e salutare, salutatione, saluto. E via vanno i marinai che ritrovano il proprio struggimento di lontananza nella voce profonda della morna, che è poi la voce di Cesaria Evora.

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