Ascolta qui il programma su Clarice Lispector
Il profilo altero, la bocca e gli occhi socchiusi, lo sguardo rivolto all’interno, le mani da pianista sulla tastiera della macchina da scrivere appoggiata sulle gambe, in apparente stato di transe, Clarice Lispector, scrittrice ucraina naturalizzata brasiliana che nasceva il 10 dicembre del 1920, fa scorrere il suo flusso di parole in presa diretta con ciò che sente di più profondo e segreto.
Dalla sua scrittura si resta segnati come dai tentacoli iridescenti di una medusa, che in brasile si chiama aguaviva, come il titolo del suo libro più bruciante. La sua storia a Wikiradio, alcune delle sue parole, che con una vertigine restano per giorni attaccate a chi le legge, sono qui.
Mi lascio accadere. Sono un’iniziata senza setta. Io vivo sull‘orlo. Cerco il modo di prendere le parole con le mani. Non è confortevole ciò che ti scrivo. Non faccio confidenze, piuttosto mi metallizzo. Scrivere è il modo in cui ci si serve della parola come esca. La parola pesca quel che non è parola. Quando la non parola abbocca, qualcosa è stato scritto. Ciò che scrivo non è fatto per essere guardato da vicino, acquista la sua segreta rotondità, dapprima invisibile, quando viene visto da un aereo in volo ad alta quota.
Io sono prima, io sono quasi, io sono mai.