Si è concluso ieri all’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria il seminario “La poetica visiva di Federico Fellini”. Chi c’era lo sa. Ciò che Gianfranco Angelucci, storico collaboratore di Fellini, sceneggiatore, regista e scrittore, ha voluto regalarci è molto. Qualcosa che stordisce e lascia il segno. Giorni di immersione in una dimensione sospesa, in apnea, anche noi chiusi nel recinto sacro di Cinecittà, tutto il mondo fuori. Quando uscivamo dopo le 19 ci chiedevamo cosa fosse tutto il resto. Poi lo Stretto ci rapiva, venti, onde, vulcani, abissi e altezze, l’oltre. Ci si doveva sdraiare a far decantare, a guardare lontano. Cosa ci resta dopo l’ultimo film in programma, “L’intervista”, dopo l’assalto dei nuovi selvaggi che attaccano il Cinema brandendo antenne TV? Il film sembrava finito così. Ma invece arriva la voce di Fellini che ci dice: “A questo punto il produttore vorrebbe un po’ di speranza, almeno un raggio di sole. Mah, proviamo..” Ed ecco che appare il teatro di posa vuoto, enorme, pronto per la prossima avventura, entra un uomo con un Ciak in mano e gridando “si gira” dà il via a un nuovo inizio. A sinistra dell’inquadratura si staglia in silhouette un operatore ricciuto, dall’alto del dolly filmerà il futuro. È lui il raggio di sole: quell’uomo che ha vissuto con Fellini più di vent’anni, ha sceneggiato “L’intervista” insieme al Maestro e ha passato sette giorni ad illuminarci nell’aula magna dell’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria.
Fellini, Angelucci e tutto il mondo fuori
