Meri Lao

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Nasce Meri Lao: un lusso!
Per me il 26 febbraio è il giorno di Meri. Che fosse il diminutivo di America lo sapevano in pochi: così la chiamarono i genitori anarchici invece di “Giustizia e Libertà”, nome che non passò al vaglio del fascio. America! che per loro, all’epoca, rappresentava quegli stessi ideali. Esserle amica è stato un privilegio, una festa, un lusso. Quando ho messo insieme questo programma Wikiradio su di lei, ho usufruito del regalo fattomi dal figlio Curzio, quello di abitare una settimana nella sua casa a Trastevere, nella sua stanza, nel suo regno popolato di Sirene, spiriti afro-cubani, “orologi molli” in forma di tenda, tra i suoi cinquanta libri, una decina sul tango, cinque sulle Sirene, il dizionario maniacale del 7 tanto amato da Eco, “Donna canzonata” che dovrebbero regalare con il Radio Corriere TV prima di Sanremo, “Musica strega”, tutti testi che meriterebbero la divulgazione, la lettura ad alta voce, lo studio. Alle sue decine di agende mi sono avvicinata con cautela devozionale, per scoprire con commozione fregi, fiorellini e cuori che celebravano le nostre variegate attività: “a pranzo fuori con Patrizia”, “a teatro con Patrizia”, “pronto soccorso, con Patrizia”, “terapia del dolore: ritirare tè alla marijuana in farmacia con Patrizia”, “fiori per Yemanja con Patrizia”. Si, perché, ogni 31 dicembre e ogni 2 febbraio la rapivo consenziente per andare al mare di Roma con la macchina piena di fiori bianchi che avremmo gettato tra le onde per rinnovare il nostro segreto sodalizio con la dea del mare, la Sirena Yamanja. Meglio di tutto era stare in pace a riscaldarsi al fuoco della sua intelligenza, della sua ironia, della sua curiosità. Un pomeriggio dopo un pranzetto al sole di Villa Pamphili, le feci quel gioco delle 16 cose che ti porteresti sull’isola deserta, nel quale alla fine resta una parola, che, sola, è la cosa importante per te in quel momento. Lei scoppiò a ridere come una bambina, quando, sedimentato tutto il resto, rimase quella sua ultima parola: lusso. Io non capivo. Così mi raccontò di un incontro casuale in non so quale America Latina, con un tipo male in arnese, scalzo, con la maglietta strappata, che, per strada, alla domanda di un amico che gli chiedeva come stai, rispondeva con un sorriso sfolgorante di pochi denti: “Yo, para mi, soy un lujo!” Io per me sono un lusso. “E così, finalmente, mi sento io”, rideva Meri “Io, per me, sono un lusso!”. E così è stata per me e per tutti quelli che l’hanno amata, per i suoi allievi, dei quali non smetteva mai di esser fiera, e per gli amici, tangueiros, musicisti, attori, portinai, sarti, artisti, parrucchieri, giornalai, bancarellari di Porta Portese, fiorai. E così ci dovremmo sentire tutti in questi tempi incerti: un lusso! Evviva Meri Lao!
#merilao #sirenalatina

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