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“Agli straccioni del mondo e a coloro che in essi si riconoscono e così riconoscendosi, con loro soffrono ma soprattutto con loro lottano” Così inizia “Pedagogia degli oppressi” il più noto e tradotto libro del pedagogista brasiliano Paulo Freire. La sua opera parla dell’educazione come pratica di libertà e di umiltà, di autorevolezza e ascolto come strumenti dell’insegnamento.
La potenza delle sue affermazioni e immortale e altamente corrosiva di sistemi sociali che governano grazie all’ignoranza. In due parole: “Sarebbe davvero ingenuo aspettarsi che le classi dominanti producano un sistema educativo che permetta alle classi dominate di percepire le ingiustizie sociali in forma critica. Non esiste percorso educativo neutrale. L’istruzione o funziona come uno strumento che viene utilizzato per integrare le nuove generazioni nella logica del sistema rendendole conformi, o diventa “pratica della libertà”, il mezzo con cui uomini e donne possono trattare la realtà in forma critica e scoprire come partecipare alla trasformazione del loro mondo”. Parole che fanno e faranno sempre tremare gli ingiusti al potere, a qualunque latitudine.