Darcy Ribeiro

Darcy Ribeiro

Mi sono occupata per giorni di uno dei miei brasiliani preferiti. A partire dal discorso per la sua laurea honoris causa alla Sorbonne, nel quale enumera i suoi “fallimenti” che trasformerà poi in “facimenti”. L’antropologo brasiliano Darcy Ribeiro, ispiratore geniale, imprevedibile e fuori dagli schemi, rivoluzionò il sistema educativo, fondò l’Università di Brasilia, inventò il Sambodromo, valorizzò la cultura meticcia come “qualcosa che il mondo non aveva mi visto”, fu tra i primi a vivere per lunghi periodi, dieci anni, nelle comunità indigene del Brasile. Non lo conoscete? Che terribile ingiustizia. Leggete qui cosa riporta della folgorante visione della vita dei popoli indigeni e di quella degli europei venuti dal mare e, lunedì 27 maggio alle 14, sintonizzatevi per saperne di più.

“Per i nativos che erano lì, nudi sulla spiaggia, il mondo era un lusso da vivere. Nella loro concezione saggia e innocente, la vita era un dono concesso da dei benevoli che gli avevano regalato splendidi corpi, buoni per correre, nuotare, danzare, lottare. Buoni occhi per vedere tutti i colori. Nasi competentissimi per annusare fetori e profumi. Orecchie capaci dell’allegria dell’ascolto di tutti i tipi di suoni che esistono. Bocche magnifiche per gustare cibi, assorbendo da ciascuno tutto il godimento possibile. E sessi opposti e complementari, fatti per le allegrie dell’amore. Per gli indios la vita era una tranquilla fruizione dell’esistenza, in un mondo donato e in una società solidale. Per i nuovi arrivati, al contrario la vita era un dovere, un doloroso obbligo, che condannava tutti al lavoro e che tutto subordinava al lucro. La loro vocazione era quella di avere autorità e potere di mannaia su animali, foreste e genti, nell’immensità di terre di cui si appropriavano, in nome di Dio e della legge.”

Nel 1976, dopo dodici anni di esilio Darcy Ribeiro ritorna a Rio de Janeiro e subito vuole andare sulla spiaggia di Copacabana, il fotografo Ayrton Camargo cattura questo momento.

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