Due febbraio Festa di Yemanja su altre spiagge

Due febbraio Festa di Yemanja su altre spiagge

Bateu uma saudade. Sarà che il Brasile ha scelto di cambiare il suo governo scellerato, ma vorrei essere lì, tra le ceste che prendono il largo cariche di fiori, tra gli spruzzi di profumo alfazema, tra migliaia di persone che celebrano Yamanja, la Sirena, la dea dai cinque nomi, come li declinava Jorge Amado in “Mar morto”, “madre i cui figli sono pesci”. Nei primi anni in cui frequentavo la spiaggia di Rio Vermelho, luogo della festa, il due febbraio capitava di incrociare il pittore Carybé che scendeva verso il mare con il grande cappello di paglia e un album da disegno sotto il braccio, oppure Jorge Amado e la moglie Zelia abbracciati, con una rosa in mano, Caetano e Bathania per mano, mentre lo spirito del carnevale già ribolliva negli atabaques, i tamburi sacri che accompagnano anche oggi la partenza dei doni, fiori, specchietti, statue di gesso, collane, profumi, verso il luogo della baia designato come “Casa della Dea”. Una celebrazione, un ringraziamento, soprattutto un rito. Cioè un atto formalizzato, collettivo o individuale, che esprime una dimensione simbolica, con la sua configurazione spazio-temporale specifica, i suoi gesti, il suo linguaggio condiviso: gli si riconosce una efficacia sociale o spirituale, insieme alla capacità di ordinare il disordine, di dare senso all’incomprensibile. La pratica rituale, nel suo aspetto collettivo, duramente indebolita dalla pandemia, può riempire ogni istante di senso, di bellezza, di musica, ha la funzione di rinsaldare i legami di comunità. Per il filosofo Confucio, nasceva in Cina nel 551 a.C., il rito attiene a una concezione sovra-religiosa del sacro e riguarderebbe tutta la nostra vita, anche vestirsi, lavarsi, salutarsi, mangiare, camminare, accoppiarsi, danzare, tutto. Secondo Emile Durkheim sociologo francese nato nel 1858, i riti servono a rinsaldare e conservare sentimenti collettivi. L’antropologa Mary Douglas, che in “Purezza e pericolo” analizzò la mania del pulito delle casalinghe americane, scrive che il rito non può essere confinato all’aspetto religioso, perché “aiuta a dare intensità ad ogni esperienza, anche a quella di pulire la casa”. I riti sono consuetudini che permettono alle persone di diventare affini, soci, societas, senza, non siamo esseri sociali, eccoci massa e non insieme di sodali, società. Per questo, qui su una spiaggia della Calabria, a 8.092 chilometri di distanza da Salvador da Bahia, “mi collego” attraverso il rito e celebro Yemanja, come ha scritto Amado in “Navegaçao de caotagem”. Quella che, ovunque ti trovi, arriva veleggiando da Bahia, dal paese che, a dispetto del ridicolo scimmiottamento dell’imbecillità dei sostenitori di Trump, che ha visto un gruppo di squallidi devastare i Palazzi Patrimonio dell’Umanità progettati da Oscar Niemeyer per la capitale Brasilia e prendere a coltellate opere come “As mulatas” di Di Cavalcanti, vede Aniele Franco, sorella di Marielle uccisa dagli sgherri di B., Ministra del nuovo dicastero dell’Uguaglianza, Sonia Guajajara, storica leader, Ministra dei popoli indigeni, l’avvocata Joenia Wapixana, Nuova Presidente della FUNAI (Fondazione nazionale dell’Indio). Insieme a nuove forze emergenti, possano curare le ferite di questo paese e dei suoi popoli nativi. Mentre noi, in ogni parte del mondo celebriamo la vita, ringraziamo, ritualizziamo, uniti dall’orizzonte del mare Odo Ya Yemanja.

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