Margaret Mead

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Cosa significa essere donna, cosa significa essere uomo? Come mutano e si rinnovano queste concezioni con i cambiamenti sociali? Se lo chiedeva già negli anni Venti l’antropologa Margaret Mead, quando iniziò a dedicarsi alla comprensione dei processi culturali che determinano la costruzione del maschile e del femminile nelle diverse società. Proprio andando molto lontano, Papua Nuova Guinea, dal suo punto di partenza, la Columbia University di New York, comprese quanto poco ci fosse di “naturale” nella ripartizione dei ruoli, e quando invece fosse legato a modelli sociali costituiti a quali donne e uomini sono tenuti a aderire. Margaret Mead era una donna originale e portò al grande pubblico questioni antropologiche che sarebbero restate nelle aule delle università, diffondendo l’amore per l’antropologia e per la ricerca sul campo, come strumento di conoscenza diretta di se stessi e degli “altri” lontanissimi o vicini che fossero. Perché, scriveva nel corso delle sue ricerche alle isole Samoa: “L’antropologa non si limita a riferire verbalmente o con fotografie la stretta delle mani di un bimbo intorno al collo di chi lo porta. Ma prende in braccio il bambino per sentire questa stretta intorno al proprio collo.” La sua storia raccontata a Radio 3 Wikiradio

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